Con il patrocinio del Comitato Regionale Veneto per le Celebrazioni del Centenario della Grande Guerra

 

 

L’iniziativa rientra nel programma ufficiale delle Commemorazioni del Centenario della Prima Guerra Mondiale a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Struttura di Missione per gli anniversari di Interesse Nazionale.

 

 

 

 

 

LA TEMPESTA

 

 

 

Come ormai molti sanno, da anni sto svolgendo alcune ricerche riguardanti i velivoli caduti nel comprensorio dell'alta Valtaro, dagli albori dell'aviazione ai giorni nostri, e finora ho censito la caduta di 12 aerei, tra cui quella di cinque bombardieri tipo “Vickers Wellington”. Mentre di quattro di quest'ultimi ero già riuscito a trovare il sito crash, me ne mancava solo uno da scoprire... Secondo alcune testimonianze, questo aereo andò perduto in prossimità di Banzuolo, Porelli e Pilati, tra i comuni di Bedonia, Compiano e Bardi. Mi metto subito in cerca di testimoni diretti, ma non conosco nessuno di quelle parti e la ricerca inizia subito in salita; riesco ad avere la conferma di un aereo caduto sul monte Ronchi, che sorge sopra l'abitato dei Pilati, così inizio a chiedere informazioni ai conoscenti che hanno legami con quella zona, ma nessuno riesce a portarmi sulla via giusta... Passa un po' di tempo e, mentre sto facendo una chiacchierata con mia suocera Irene, vengo a sapere per puro caso che la mia vicina di casa Dirce, che aveva un negozio di alimentari qua vicino, è originaria proprio dei Pilati! Che fortuna! Non finendo nemmeno il discorso mi alzo, m'infilo la giacca ed attraversando a passo svelto la strada mi dirigo là. Entro e da dietro il banco la Dirce, sempre sorridente e cordiale, mi saluta ed ascolta ciò che ho da chiederle: ”Ho appena saputo che sei nativa dei Pilati, ti ricordi di un aereo caduto in tempo di guerra sul monte Ronchi?”. L'espressione della donna cambia rapidamente e la sua memoria apre un cassetto chiuso 70 anni fa... ”Oh certo che mi ricordo! Ero appena una bambina... Quanto ferro su quella montagna!” Chiedo così indicazioni su come raggiungere il luogo dell'incidente e la gentile signora, con grande disponibilità, mi dice: “I miei fratelli abitano ancora là, ti metto in contatto con loro così ti porteranno in quel luogo.”. Una domenica mattina, dopo essermi accordato con il fratello della Dirce, Carlo, raggiungo il paese dei Pilati dove vengo accolto molto gentilmente. Prima mi fa conoscere alcune persone che mi mostrano alcuni pezzi dell'aereo avuti dai loro avi e mi raccontano le loro testimonianze sull'accaduto; la gentilezza e l'ospitalità ricevuta da queste persone è davvero unica! Poi mi accompagna sul luogo della tragedia aerea. Percorriamo con la mia jeep, non senza difficoltà, una ripida strada che sale verso il monte Ronchi e, raggiunto il luogo, accendo il mio metal detector ed inizio a sondare il terreno salendo verso la vetta del monte; dopo aver percorso qualche centinaio di metri lo strumento rileva qualcosa... la scala digitale che compone il display segnala la presenza di alluminio, con molta probabilità un resto dell'aereo! Ed infatti, appena sotto alle foglie, viene alla luce un frammento avio di alluminio contorto e ossidato dal tempo: è il primo segno di essere nelle vicinanze del sito-crash, un'emozione unica per un archeologo dell'aria! Un capitolo di storia che ritorna alla luce! Salendo la china del monte ritrovo molteplici pezzi, anche senza l'uso del metal: frammenti di plexiglass, cavi e componenti elettrici, gomme e plastiche bruciate che portano ancora i segni di quella tragedia... E' ormai ora di rientrare, ma prima il mio nuovo amico Carlo mi invita a casa sua e, davanti ad una tazza di buon caffè preparato dalla moglie, ascolto le ultime informazioni che ha da darmi e, prima di andarmene, mi regala un pezzo di aeroplano che ha avuto a suo tempo da un altro abitante dei Pilati: un pezzo di longherone lungo circa 2 metri che faceva parte della struttura portante delle ali. Ringrazio il fratello della Dirce di tutto e, dopo una stretta di mano, mi congedo da lui. Il giorno seguente pulisco i reperti trovati sul monte e trovo stampigliati sopra di essi codici e numeri che mi permettono di identificare il velivolo: un bimotore da bombardamento inglese. Un pomeriggio ritorno a casa della Dirce per ascoltare la sua testimonianza in quanto lei c'era ed aveva vissuto in prima persona questa vicenda... “Era mercoledì 24 Novembre 1943, quel giorno imperversava su tutto il nostro piccolo paese dei Pilati una grande tempesta, vento e scrosci di pioggia a rovesci si abbattevano sulle nostre umili case... mai visto un tempo così brutto” - asserisce la Dirce! - “Erano circa le 10 di sera: io, che a quel tempo ero una bambina molto piccola, trotterellavo intorno alla calda e scoppiettante stufa, mentre i miei genitori con dei conoscenti erano uniti attorno ad essa a fare 'firosso'. Sai Francesco, a quei tempi non avevamo la televisione e chiacchierare e raccontare a noi bambini vecchie storie era molto semplice e bello! Quella sera ero molto irrequieta per via del fatto che il forte vento faceva tremare porta e finestre ed avevo parecchia paura! Di lì a poco, nel bel mezzo della tempesta, sentimmo uno strano rumore avvicinarsi sempre di più... tra noi bambini e gli adulti regnò un terribile silenzio, il rombo dei motori di un aereo sembrava avvicinarsi! Ricordo che qualcuno uscì fuori a guardare nella direzione del rumore, ma non vide nulla a causa delle nubi e della nebbia... Improvvisamente sentimmo il rumore di alberi falciati e pochi istanti dopo una spaventosa e potentissima esplosione che rimbombo in tutta la valle come un terribile tuono! 'Dio mio, è caduto un aereo!' esclamo qualcuno! Anche dalle altre abitazioni uscirono persone e guardando in direzione dell'esplosione, verso la sommità del monte Ronchi, videro la nebbia colorarsi per un momento di arancione, erano attimi che sembravano un'eternità! Pochi secondi dopo calò un silenzio irreale, interrotto solo dalla pioggia scrosciante e dal forte vento...

 

 

 

 

 

Nessuno quella notte volle inoltrarsi verso la montagna.'.

 

Proseguo il racconto con informazioni tratte da libri e testimonianze dirette.

 

La mattina seguente non pioveva più ed alle prime luci dell'alba gli uomini più coraggiosi decisero di salire sul monte anche se una fitta nebbia avvolgeva tutto; s'incamminarono salendo verso la zona in cui la sera prima avevano udito l'esplosione finché ad un tratto, sulla loro strada, trovarono un pezzo di alluminio brutalmente accartocciato: era chiaro che si trovavano nella zona dello schianto. Alcuni uomini iniziarono ad urlare: 'Inglesiii?' Americaniii?'. Ma dall'altra parte di quel muro di nebbia nessuno rispondeva... così incrociandosi con lo sguardo ripresero il cammino. Dopo pochi metri trovarono incastrato tra due piante un grosso motore e, di lì a pochi passi, iniziarono a trovare decine e decine di pezzi d'aereo contorti, piegati e strappati come carta dalla tremenda deflagrazione. Appena più avanti notarono appesa ad un albero la vela di un paracadute ed avvicinandosi con sgomento e terrore videro che attaccato ad esso vi era un corpo umano orrendamente mutilato e bruciato... Alcuni davanti ad esso si fecero il segno della Croce. Tutto attorno regnava un macabro silenzio, mentre il sole iniziava a filtrare dalla nebbia che iniziava a ritirarsi, illuminando tutta quella drammatica scena: resti umani e rottami dell'aereo erano sparsi ovunque in una vasta area, la coda dall'aeroplano giaceva capovolta tra le acque di un piccolo torrente rigonfio dalla forte pioggia della notte precedente. Nel frattempo nella zona arrivarono molti curiosi dalle valli circostanti e tutti rimasero profondamente turbati dallo spettacolo che si trovarono di fronte. Alcuni bambini della scuola di Castagneto, approfittando dell'assenza quel giorno della loro maestra, improvvisarono una gita sulla montagna, ma se ne dovettero pentire... infatti per molti mesi ebbero incubi dovuti alla vista di tutti quei corpi straziati... In tarda mattinata arrivarono alcuni militi repubblichini con alcune autorità del comune di Bardi: il dott. Liborio Schittone, ufficiale medico del comune, voleva seppellire subito i resti umani sul luogo per evitare di contrarre malattie, ma il podestà Berni non era d'accordo, in quanto, anche se fino al giorno precedente erano aviatori nemici, oggi erano solo resti umani defunti e perciò degni di una dignitosa sepoltura. Con notevole sforzo si raccolsero tutti i resti umani (alcuni di essi erano anche appesi ai rami degli alberi) e dal numero delle membra si riuscì a capire che i caduti erano sei; vennero mandati alcuni militari in paese a requisire sei muli e sei bare per deporvi gli sfortunati aviatori e, successivamente, i feretri vennero trasportati nel cimitero di Credarola dove il parroco don Dorino Ferrari eseguì il giorno 26 Novembre i funerali in una chiesa gremita: fece molta impressione vedere tutte queste bare sistemate nella chiesuola, per un attimo la cattiveria e l'odio della guerra si fermarono ed i militari repubblichini in armi resero onore ai loro nemici, come se fossero i loro compagni, fino sull'orlo della fossa comune scavata per loro. Nei giorni seguenti giunsero sul monte Ronchi alcuni artificieri che disinnescarono e misero in sicurezza le numerose bombe trovate nella zona, mentre i resti dell'aereo furono smantellati e trasformati in tesoro dagli abitanti locali in quanto il prezioso alluminio era molto utile e veniva riciclato in vari modi... Con un paracadute una signora del luogo confezionò un bellissimo vestito per la prima comunione di una bimba rimasta orfana dei genitori. Le mitragliatrici dell'aereo vennero prese da alcuni giovani aspiranti partigiani e così sul monte Ronchi rimasero solo gli innumerevoli alberi falciati a ricordo di quella tragedia. Due anni dopo, nel Dicembre 1945, alcuni militari delle forze alleate giunsero a Credarola, riesumarono i loro compagni e li trasportarono nel cimitero militare alleato di Milano per il riposo eterno. Nell'anno 2003 le autorità locali e la popolazione ricordarono i sei aviatori con una santa messa celebrata nella Chiesa di Credarola ed una cerimonia. Da ricerche eseguite su Internet scopro che l'aereo in questione era il Vickers Wellington X LM329, faceva parte del 37° RAF SQDN, era decollato nel tardo pomeriggio dalla base britannica sita a Djedeida nel nord Africa; era partito per una missione notturna di bombardamento a lungo raggio per colpire obiettivi strategici nella zona di Torino e trasportava nella stiva 44 bombe incendiarie (che poi rimasero sparse sulla cima del monte Ronchi); l'equipaggio era composto da sei membri, tutti giovani dai 21 ai 31 anni di età:

 

 

 

TENENTE PILOTA TAAFFE REA JESSEP - RJ 41502, di anni 24, NEOZELANDESE

 

 TENENTE NAVIGATORE FITCH HEDLEY WILLIAM - HW J/3485, di anni 31, CANADESE

 

 SERGENTE ADDETTO ALLO SGANCIO HOLME WILLIAM GEORGE - WG 1325759, di anni 26, INGLESE

 

 TENENTE OPERATORE RADIO WHEATLEY COLIN HAVELOCK - CH J/16324, di anni ??, CANADESE

 

 SERGENTE W.OP MITRAGLIERE CROKER DENYS WILLIAM - DW 922939, di anni ??, INGLESE

 

 SERGENTE W.OP MITRAGLIERE SHELTON JOHN - J 1379941, di anni 21, INGLESE

 

 

 

La notte tra il 24 e il 25 Novembre 1943 rappresentò una vera tragedia per la RAF, di 70 aerei lanciati per quella missione denominata “Pointblank” 17 non fecero più ritorno e, se si calcola che ogni aereo contava 5/6 uomini di equipaggio, si riesce a capire l'immane perdita umana che si verificò. Quella sera, mentre risalivano la costa italiana, gli aerei si imbatterono in una vasta perturbazione che imperversava su tutto il nord-ovest. Nessuno localizzò il bersaglio, il ghiaccio in formazione sulle ali e l'imperversare del maltempo costrinsero gli aeroplani ad abortire la missione: alcuni fecero ritorno alla base, altri credendo di essere ancora sul mare, nonostante fossero già nell'entroterra, si schiantarono tra i primi rilievi trovati davanti a loro. Tale tragedia non risparmiò la Valtaro: il Wellington HZ522 del 40° SQDN che era sulla scia del nostro LN329 si schiantò sul monte Molinatico, sopra Borgotaro, mentre più a nord-ovest il Wellington DF734, sempre del 40°SQDN impattò contro il monte Zatta, sito nelle vicinanze di Santa Maria del Taro; in pochi minuti 16 ragazzi giovanissimi spensero qui la loro vita e fecero la loro culla eterna sulle nostre belle montagne... Dedico questo mio scritto ai sei caduti del monte Ronchi ed al mio grande amico Fabio Raimondi, ideatore e webmaster del forum “Archeologi dell'Aria”, grande uomo, vero appassionato e bravo ricercatore.

 

 Ringrazio i testimoni diretti ed indiretti che mi hanno aiutato a ricostruire questa affascinante e triste storia.

 

Notizie tratte dal sito Web : http://www.wikisicily.com/milano/

 

E dal libro “Credarola: la mia Parrocchia”.

 

Francesco Sabini